Descrizione
Un uomo di successo, Valdo, direttore di un grande quotidiano e una mora bellezza mediterranea di vent’anni, intravista in un mattino di primavera, in una storia perbene finirebbero prima o poi l’uno nelle braccia dell’altra. Specie se a fare da ruffiano al loro “incontro” è l’altrettanto mediterranea luce di una città di mare. Ma qui fuori, lo sappiamo, c’è il buio, e ancor più scure e contorte si rivelano a volte le idee degli uomini e le loro strade.
E allora capita che l’uomo di successo sia cinico e arrogante quanto basta per farsi disprezzare dalla maggior parte dei suoi colleghi, e da sua moglie. E che la mora sia nello stesso tempo una concreta e invitante preda, e un’ombra sfuggente al limite dell’irraggiungibile. E che gli odori che permeano il racconto non siano solo iodio e salsedine, ma anche le chimiche sospette di detersivi e ammorbidenti – tutti rigorosamente di color celeste gomma, “rassicurante” – allineati con maniacale precisione, perché solo così i “pensieri brutti e violenti” vanno via.
La quotidianità di Valdo è scandita dalle riunioni di redazione, dagli incontri con l’analista, dalla ricerca di un avvocato che si prenda cura della causa di separazione dalla moglie e da timidi sforzi per disintossicarsi finalmente dalla dipendenza da cocaina, intrecciata a un amore folle che diventa ossessione.
Come il gesto ostinato di versare nel lavandino l’intero contenuto di un ammorbidente, per “far passare quel brutto senso di vertigine”.
Ed è così che quella premessa inizia ad avvitarsi in una ossessiva rincorsa tra ordinario e impossibile, in un gioco tra i percorsi dei piedi e quelli dei neuroni che – proverbialmente – nessuno riesce mai a mettere d’accordo fino in fondo e per sempre.
Non sto tanto male. Appunto.
Fare o farsi del male, invece, quello è assolutamente possibile: l’amore, specie se imprevisto, può alterare tutto.
E l’ironia pure, nel bene e nel male.
Gianni Zanata
Gianni Zanata è nato a Cagliari nel 1962. Giornalista professionista, ha cominciato alla radio ed è ora volto noto a chi svolazza sul satellite.
Ha già pubblicato un romanzo, Prestami una vita (2008), vero emblema delle potenzialità moltiplicatrici del passaparola, ed è capace di suonare un numero imprecisato di strumenti con i quali ha il coraggio di presentarsi in veste di musicista.
Scrive anche poesie e canzoni, ma tutto sommato è un uomo di buon senso.
Carlo Mocci –
“Non sto tanto male “: ovvero, ognuno à prigioniero del proprio inferno
di Carlo Mocci, SOP (Solo Opinioni Personali)
L’ho letto finalmente, questo Non sto tanto male di Gianni Zanata, che avevo già intervistato più di un anno fa. Dico finalmente perché mi è capitato di non trovarlo nella mia libreria di fiducia e non volevo ordinarlo su Ibs; ma alla fine ho ceduto e l’ho avuto tra le mani.
Due parole sulla copertina e sulla veste tipografica, che per me hanno la loro non trascurabile importanza. Il libro è un esempio riuscito di veste grafica semplice ed elegante, che attira e riassume nella foto di copertina una delle ossessioni del protagonista, Valdo, uomo di successo che dirige con spietatezza e cinismo un quotidiano.
Valdo è un uomo ossessionato, infatti. Riesce a tenere sotto controllo le proprie ossessioni solo mediante la celebrazione di riti incomprensibili, mentre vive infischiandosene del resto del mondo, chiuso solo nel suo Ego smisurato.
Un giorno vede una ragazza molto più giovane di lui e ne rimane infatuato; ma invece del germoglio di una storia d’amore, l’incontro casuale diventa solo un’altra ossessione, e la più grave e definitiva.
Il romanzo si sviluppa sostanzialmente come un monologo; ma nonostante le insidie che questo tipo di scelta narrativa cela, ovvero il rischio a ogni pagina di trasformarsi in autocompiacente introspezione di maniera, lo sviluppo è impeccabile e coinvolgente. Descrivere la pazzia in prima persona e in modo efficace non è facile, ma questo libro coglie in pieno il bersaglio.
Il finale è inevitabile ma comunque sorprendente. Si intuisce in qualche modo quasi dalle prime pagine che la fine non può che essere quella, come per un transatlantico che navighi tra i ghiacci al buio in una notte senza luna, ma quando arriva coglie comunque di sorpresa, ed è fresca e originale, rivisitata in modo personale.
Paola Pilia, Alberto Urgu –
Radio Press (parte 2)
di Paola Pilia, Alberto Urgu
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Paola Pilia, Alberto Urgu –
Radio Press
di Paola Pilia, Alberto Urgu
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Unica Radio –
Intervista a Gianni Zanata
di Unica Radio
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Caterina Pinna, Francesco Abate –
Cibo per la mente
di Caterina Pinna, Francesco Abate
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Silvia Sanna –
Incontro con gli autori: Gianni Zanata, autore del libro “Non sto tanto male”
di Silvia Sanna, Spaziodi Magazione, 4 aprile 2012
Incontriamo Gianni Zanata, autore del libro “Non sto tanto male” recensito nello scorso numero: un rocker prestato alla scrittura o un cantastorie prestato al giornalismo. Fatto sta, che Zanata è un artista poliedrico, che fa tanto e lo fa bene.
Se Celentano lo potesse definire, direbbe senz’altro che la scrittura, la simpatia e l’estro di Gianni Zanata sono decisamente rock.
“Non sto tanto male” ha un ritmo incalzante, direi rock: il tuo essere musicista influenza la tua scrittura?
Quando avevo sedici anni il mio sogno era diventare un musicista rock. Forse lo è ancora, il mio sogno. Ma sto per varcare una soglia d’età oltre la quale i vegliardi come me non possono più permettersi sogni come questo. Perciò devo sbrigarmi: entro l’anno ti faccio sapere se sono diventato un rocker.
Ad ogni modo, se c’è qualcuno disposto a esaudire i miei desideri, sappia che vorrei tirar su una band con Keith Richards, Jack White, Elvis Costello e Sheryl Crow. Mi sembra un buon ensemble.
Scusa, mi sono perso. Dov’ero rimasto? Ah, sì, ai miei sedici anni.
All’epoca suonavo in piccoli gruppi, pensavo che un giorno me ne sarei andato in giro per il mondo, con la mia chitarra, con le mie canzoni. Le cose sono andate diversamente, ma la chitarra è sempre qui, un amore che continua. Ritmo e musica contano moltissimo.
Penso che scrivere sia un po’ come comporre su un pentagramma. Melodia, armonia, ritmo, pause: va dosato tutto, per ottenere una frase che “suoni”. E poi mi piace inserire dei riferimenti musicali all’interno dei testi, come tanti link immaginari. Non a caso “Prestami una vita”, il primo romanzo che ho pubblicato, ha per protagonista un musicista. Anche in “Non sto tanto male” ci sono molte citazioni di canzoni, e in epigrafe c’è un verso tratto da “Psycho Killer” dei Talking Heads
Qualche retroscena sul tuo rapporto con la tua casa editrice?
Prima di tutto fammi dire una cosa. Con tutto il cuore e con grande sincerità: la Quarup è una casa editrice davvero straordinaria. È l’unica in Italia ad avere pubblicato autori culto della scena underground americana, come Lee Ranaldo, Les Claypool, James Greer, o scrittori europei che hanno un gran seguito nei loro paesi d’origine, come la svizzera Anna Ruchat e il francese Luc Lang.
Per me, avere un titolo nel catalogo Quarup è come avere una medaglia d’oro sul petto.
Qualche retroscena?
Quando abbiamo cominciato a ragionare sulla pubblicazione di “Non sto tanto male”, l’editore è stato tremendamente sincero e cattivo. Mi ha detto che fare un libro con Quarup significava innanzitutto minarsi la salute, iniziare una lotta greco-romana col testo, per fornire al romanzo i muscoli adatti per fare a pugni con qualunque altro suo simile. E poi ha aggiunto che mi sarei dovuto sbattere come un tarantolato per dare visibilità al libro, per garantirgli un’adeguata promozione. E così è stato, in effetti.
C’è stato da soffrire.
Ma è stato un bel soffrire; in fin dei conti. Perché quando il libro è nato, entrambi, io e l’editore, abbiamo urlato di gioia, come può urlare un calciatore che ha appena realizzato un gol in Champions League.
C’è stato un solo momento in cui ho pensato di mandare a quel paese l’editore, al diavolo la pubblicazione, e roba così. È stato un paio di giorni prima che il romanzo andasse in stampa. Pensavo che il peggio fosse passato, le correzioni, l’editing e tutto il resto.
Invece mi chiamano dalla casa editrice e mi dicono: “il titolo non ci piace, tirane fuori un altro. Ti diamo ventiquattro ore di tempo, altrimenti salta tutto”. Il giorno dopo ho inviato loro trenta titoli alternativi, oltre a un voluminoso mazzo di insulti grandi come cipressi. Per fortuna tra quei trenta titoli c’era quello giusto, “Non sto tanto male”, appunto.
Tre libri che consigli?
Risposta rapida, i primi titoli che mi vengono in mente. “Chronicles”, di Bob Dylan; “Il Mambo degli Orsi”, di Joe R. Lansdale; l’intera opera teatrale di Eduardo De Filippo.
Il libro che avresti voluto scrivere.
“Uomini e topi”, di John Steinbeck.
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Silvia Sanna –
Letto per voi: Non sto tanto male di Gianni Zanata
di Silvia Sanna, Spaziodi Magazine, 2 febbraio 2012
L’ho cercato a lungo e finalmente è arrivato. Eccolo lì, il personaggio che cercavo, quello che rompe gli schemi e non solo: Valdo il cinico.
Valdo che non è che non stia tanto male come da titolo, proprio non c’è con la testa. Mi sta antipatico da subito, questo Valdo, ed è un buon segno. Un ottimo segno. Questo mi aiuterà a non immedesimarmi troppo e legarmi affettivamente al personaggio, che se leggi e non odi e non ami, cosa leggi a fare, mi dico. E siccome non si può sempre amare, ora mi dò all’odio (narrativamente parlando). Valdo mi sta antipatico già da una manciata di pagine, percché ancora non ho capito dove vuole andare a parare, con questi suoi pensieri paranoici che mi schiacciano il respiro nel petto. Nonostante io abbia cercato il distacco, lui riesce a trasmettermi – maledetto- fin da subito la sua stessa claustrofobia: mi ci vedo, lì inchinata accanto a lui, a versare detersivo blu nella lavatrice e guardare, intontiti ed estasiati, le striature blu puffo disegnate dentro l’oblò.
Ma Valdo sta peggio, molto peggio. Un uomo appassionato, direi quasi impudicamente attratto da un detersivo color puffo, non può stare tanto bene. Se poi scopriamo anche che si è innamorato follemente (perché lui solo cose folli, può fare) di una sconosciuta, che a sua volta lo ritiene uno sconosciuto, beh, allora il profilo di Valdo sembra delineato. Sembra, dico, perché lo scorrere delle pagine ci fa scoprire altri lineamenti inquietanti e allo stesso tempo affascinanti di un uomo che sembra essere arrivato alla frutta, ma che a guardarlo bene è solo a un punto di partenza: perché la frutta l’ha superata alla grande, e anche il digestivo l’ha lasciato indietro con tutto il resto.
E infin dei conti, a libro letto e lavatrice finita, non resta se chiedersi quale sia il collegamento sottile (molto più sottile della sua spessa follia) tra il Valdo giornalista bastardo che si sporca delle più ciniche vigliaccherie e il Valdo casalingo, maniaco della pulizia (e non solo della pulizia), tenero innamorato del detersivo color blu puffo. E delle belle sconosciute che per nome, guarda caso, hanno il colore più nitido e spumoso che ci possa essere: Bianca.
L’autore, Gianni Zanata: giornalista, autore di narrativa, suonatore di chitarre. http://www.giannizanata.it
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Carlo Mocci –
“Nella prossima vita? farò la rock star”
di Carlo Mocci, SOP (Solo Opinioni Personali)
Proseguendo con le interviste a personaggi del mondo dell’editoria o del giornalismo, ho incontrato Gianni Zanata, giornalista televisivo cagliaritano nonché scrittore.
Mi si presenta come al solito rilassato e vestito in modo ricercato, e dopo i primi convenevoli cominciamo a parlare a ruota libera.
Per rompere il ghiaccio lo affronto con una domanda scontata.
Chi è Gianni Zanata in poche parole? Che cosa fa, come lo fa, la sua storia passata e presente…
Uh! Bella domanda. Gianni Zanata in poche parole? No, non ce la posso fare. Sono logorroico. Non saprei nemmeno da dove cominciare. E poi magari finirei per raccontarti un mucchio di dettagli inutili, insignificanti. Chi è Gianni Zanata. Mah. Vabbé, ci provo, non ti assicuro nulla, però. Anche perché non lo conosco granché bene, questo giannizanata [:)]. In poche parole: sono nato, vivo e lavoro a Cagliari, la mia città preferita. Faccio il giornalista. Ed è così che mi guadagno da vivere. Sono capo-servizio nella redazione centrale di Sardegna Uno Tv, emittente per la quale lavoro dal 1986. Poi, scrivo storie: romanzi, racconti. E considera che c’è pure chi ha il coraggio di pubblicarle, le storie che scrivo. Ecco, la mia biografia è tutta qua. Ma ti svelo un segreto: nonostante mi piaccia fare il giornalista, e mi piaccia ancora di più scrivere storie, in realtà io avrei voluto diventare una star del rock, un musicista e cantante a metà strada tra Neil Young e De Andrè, un po’ Keith Richards e un po’ Bob Dylan. Era il mio sogno, da ragazzo. Chissà che prima o poi non si realizzi, questo sogno.
Partiamo dalla fine, o quasi. Parlaci di “Non sto tanto male”, del successo che ha avuto il tour della scorsa estate e autunno.
“Non sto tanto male” è un libro pubblicato dalla Quarup nella primavera del 2011. Tieni presente che la Quarup è una delle case editrici più “toste” del panorama editoriale italiano. Una casa editrice indipendente, e gioiosamente orgogliosa della sua indipendenza. Se fosse un suono, la Quarup sarebbe tre accordi di chitarra distorta suonati a tutto volume nel silenzio di una notte senza luna. Se la Quarup fosse un calciatore, sarebbe una specie di Nainggolan, ma con un paio di zanne da lupo, occhi felini e una maglietta strappata con su scritto “fuck you” (spero che il paragone non offenda nessuno, tanto meno l’editore della Quarup e, soprattutto, Nainggolan). A ogni modo, “Non sto tanto male” è la storia di un giornalista, Valdo Norman, direttore di un quotidiano, un bastardo di prima categoria. Un vero stronzo, se mi passi il termine. Valdo è il “cattivo” per eccellenza. Che non può non innamorarsi di Bianca, giovane studentessa dalla bellezza solare. Ciò che accade nel corso del romanzo, come ovvio, non lo possiamo anticipare. “Non sto tanto male” è diventato poi il cuore di un reading letterario-teatral-musicale che ha viaggiato in lungo e in largo per la Sardegna, la scorsa estate. È stato un tour di presentazioni che mi ha regalato tantissime emozioni. E colgo l’occasione per citare alcuni degli artisti con i quali ho avuto l’onore di lavorare: in primis, Elio Turno Arthemalle, Roberto Palmas e Nicola Cossu. E poi ancora Carlo Antonio Angioni, Isella Orchis, Cesare Saliu, Raffaele Chessa, Anna Brotzu, Marcello Enardu, Angelo Trofa, Aurora Simeone, Gianluca Medas, Andrea Congia, e altri ancora che sto sicuramente dimenticando. La caratteristica delle presentazioni di “Non sto tanto male” è la multiversalità del progetto. Di volta in volta, di serata in serata, il reading è sempre diverso, sempre nuovo, mai strutturato su una scaletta fissa, un perenne work-in-progress. Che sia riuscito o meno nell’intento, non ha molta importanza. Mi appaga il fatto che la risposta del pubblico sia stata sempre molto positiva.
E oggi quali sono le prospettive per Gianni Zanata?
Voglio continuare a fare il giornalista. È un mestiere che adoro, nonostante sia un periodo difficilissimo per chi lavora nel settore dell’informazione. Ma è nei periodi più duri che in genere ci si esalta, no? E poi voglio continuare a scrivere e a pubblicare. A questo proposito voglio consigliare a te e ai tuoi lettori l’antologia “Piciocus” (Caracò Editore). Si tratta di cinque racconti, storie di infanzia e di adolescenza, ambientate in Sardegna, scritte da Francesco Abate, Paolo Maccioni, Gianluca Floris, Silvia Sanna e Gianni Zanata. Scusa la pubblicità spudorata, ma con l’acquisto e la lettura del libro non solo ci si diverte e ci si emoziona, ma in più si aiutano i librai indipendenti e si aiuta una piccola casa editrice, Caracò appunto. In un contesto come quello attuale, fatto prevalentemente di cittàmercato, grandi monopòli e massificazione culturale, il progetto “Piciocus” è quanto di più genuino e controcorrente si possa trovare in circolazione.
Credo che sia un ottimo consiglio per chi voglia sentire voci diverse rispetto al coro dell’editoria “ortodossa”. Approfitto per toccare un argomento di quelli che un tempo si definivano “di scottante attualità”. Vuoi parlarci meglio di ciò che è accaduto all’emittente presso la quale lavori?
Essendo direttamente coinvolto in questa vicenda – sono uno dei quattro giornalisti licenziati e poi reintegrati – non vorrei dilungarmi troppo. Il succo è che Sardegna Uno – a mio modesto avviso – è un’azienda che soffre da anni di una gestione miope. Non ci sono progetti validi, l’informazione è penalizzata, occorrerebbe una svolta, puntare su un vero piano di rilancio che valorizzi le professionalità all’interno dell’emittente. I licenziamenti sono stati motivati con esigenze di natura finanziaria. La vertenza, dopo un mese di trattative difficili, s’è risolta con la stipula di contratti di solidarietà, della durata di un anno, per tutti i dipendenti. I lavoratori, cioè, hanno deciso di farsi carico dei problemi economici dell’editore, e di accettare un taglio consistente degli stipendi, pur di mantenere inalterato il livello occupazionale e, soprattutto, il livello qualitativo delle produzioni.
E ora che cosa si profila?
Ora si profila un periodo difficile per tutti i lavoratori. Ripeto, a fronte dei sacrifici economici da parte dei dipendenti di Sardegna Uno, non vedo purtroppo alcun progetto di rilancio in vista, nessun piano editoriale che si basi su un utilizzo razionale delle professionalità interne. Spero di sbagliarmi, spero che le cose cambino. Ma i segnali non sono incoraggianti. Con la stipula dei contratti di solidarietà abbiamo salvato il nostro posto di lavoro, per un altro anno. E tra dodici mesi? Che cosa succederà? Sardegna Uno deve tornare a essere un punto di riferimento dell’informazione televisiva regionale. Ma perché ciò accada servono persone giuste al posto giusto, idee innovative e un minimo investimento.
Progetti per il futuro?
Scrivere, scrivere, scrivere. Pubblicare nuove storie, ma solo se ne vale veramente la pena. Non mi interessa pubblicare un libro all’anno. Non ne sarei nemmeno capace, a dire il vero. Il gusto di raccontare storie viene prima dell’urgenza di pubblicare. E poi vorrei continuare a sperimentare. Mi affascina la ricerca di nuove forme espressive. Mi piacerebbe moltissimo lavorare in ambito cinematografico. Lavoro per la tv ormai da più di 25 anni, e mettere insieme parole e immagini è un po’ il mio pane quotidiano. Finora è stato un lavoro di tipo giornalistico e documentaristico. Aspetto il momento giusto per fare il salto triplo, e magari mettere mano a un progetto di fiction. Ma senza fretta. Nell’immediato, invece, spero vada in porto una collaborazione a un programma radiofonico. Sarebbe un ritorno alle origini, visto che le mie prime esperienze nel settore dell’informazione, agli inizi degli anni ottanta, sono proprio legate alla radio.
Grazie. Concludiamo dandoti la possibilità di fare un appello, se lo ritieni, o esprimere un tuo pensiero “a tema libero”.
Nessun appello specifico. Visto che però mi dai questo spazio e questa opportunità, voglio esprimere un ringraziamento alle tante persone che in queste settimane mi hanno testimoniato affetto e solidarietà. Puoi essere ricco e potente quanto vuoi, ma nessuna moneta e nessuna autorità potranno mai consentirti di conquistare la stima degli altri. Grazie! Love and Peace.
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Stefania Mereu –
Non sto tanto male (Gianni Zanata)
di Stefania Mereu, 2 gennaio 2012
Su questo neonato blog, apro un’altra sezione: quella dei “libri letti”.
Mi ci vorrà un po’ di tempo per inserire i commenti su tutti (o quasi, nel senso che non metterò quelli che non mi sono piaciuti, visto che non sono di certo un critico letterario di professione e la lettura resterà per me solo un sublime piacere).
Commenterò in ordine sparso, come mi viene e ricordando le sensazioni che mi hanno lasciato una volta che li avevo ultimati di leggere.
Ho deciso che per inaugurare questa sezione inizierò dall’ultimo libro letto:
Non sto tanto male di Gianni Zanata che, per diversi aspetti, è davvero riuscito a sorprendermi.
Ottima la caratterizzazione del protagonista, Valdo. L’autore ha reso molto bene anche Bianca, il personaggio femminile che tinge la trama di mistero e sentimento.
Su di lei si crea empatia, ma non c’è sforzo alcuno su quella che Valdo crea sul lettore fin dall’incipit.
L’aver affrontato certi temi in modo verosimile, la capacità di introspezione senza che mai il ritmo della narrazione abbia subito freni, la fragilità o forze dell’animo umano affrontate attraverso un linguaggio semplice, a volte graffiante, ma sempre diretto e quindi senza pudore, rende questo romanzo chiaro e diretto anche a vari messaggi sociali.
Sulle parti introspettive, Gianni Zanata ha fatto in modo che la narrazione in prima persona ne uscisse non solo non limitata ma, addirittura, vincente.
E poi… come non apprezzare i libri che fanno usare tutti i sensi? Anche in questo la scrittura è stata a dir poco magistrale.
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Daniela Boi –
Puntata 4 (26/11/2011) “Non sto tanto male”
di Daniela Boi, Fil Rouge Radio, 27 novembre 2011
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Cinzia Corda –
Non sto tanto male (Gianni Zanata)
di Cinzia Corda, Giornalista Chiacchierona
Non sto tanto male l’ho acquistato qualche mese fa, in occasione della presentazione del libro Se fossi conchiglia ti amerei per sempre, scritto dalla mia amica Daniela Frigau, ex compagna di liceo e, da sempre, promettente scrittrice.
Ho lasciato il libro in stand-by per un po’, e qualche giorno fa mi sono incuriosita perché volevo finalmente capire cosa ci fosse dietro quel titolo così criptico e quel personaggio tanto strano e turbato da essersi creato bizzarre manie come quella di comprare ossessivamente ammorbidente color puffo da versare inutilmente giù per il lavandino o dentro la lavatrice a litri…
Vorrei scrivere una recensione ma, come al solito, non mi va di fare un sunto spicciolo di ciò che ho letto, quello lo fanno tutti, io fornisco le mie personali opinioni sparse e do l’accento a ciò che, secondo me, lo merita.
Valdo è il protagonista del libro che, di fatto, è un racconto di svelti e strani aneddoti, collegati da un filo sottile di pazzia, ossessività e stranezza che – alla fine – diventa la normalità delle pagine.
Leggere Non sto tanto male richiede di stare in apnea per stare al ritmo del racconto. Non si arriva ad una trama, non si ha una certa cronologia sinché non si tratta di Valdo e Bianca. Valdo, inquietantissimo, con Bianca. Una roba da far accapponare la pelle per la placidità con cui il protagonista ammette di provare certi sentimenti per una donna che nemmeno l’ha mai visto o percepito nel mondo.
Una sottile e impercettibile paura mi ha permeato per tutta la lettura.
Intervallata da scene un po’ particolari e regalate come fotografie in mezzo ad una narrazione scarna che pare fatta nel futuro, con rassegnazione, quel futuro che abbiano nell’epilogo. Dopo il momento in cui la lavatrice ha un problema e arriva il tecnico per le riparazioni.
E lì, allora, non ci si può esimere dal pensare che succederà proprio quella cosa. Tanto macabra e assurda, e pazza. Ma eccola.
E, dopo, solo pareti bianche.
Perché l’ammorbidente celeste? Perché pulizia ossessiva? Il ricordo della madre. Perché un rapporto tanto disturbato con l’amore? Abusi da parte di un ceto che non dovrebbe, per definizione, ancora meno di chi normalmente non dovrebbe solo per correttezza.
Forse troppo rapido nel concludersi. Avrei gustato certe parti di più, se fossero state approfondite con più particolari, con meno furia e velocità.
La scena in cui Valdo e faccia a faccia col fidanzato di Bianca è fenomenale. L’escalation dei sentimenti di ribellione, di pazzia, di ragionamenti sconnessi, andare a cercare quel…
Pazzo al punto giusto. Ci avrei solo messo duecento pagine in più.
Ma, in fondo, io sono sempre quella che scrive in ottocento righe cose che altri esprimono in un paragrafo e mezzo…
Sono proprio di parte (la parte delle prolisse)
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Cristiano Sanna –
“Non sto tanto male”: il paradiso di schiuma e detersivi per un’anima nera
di Cristiano Sanna, Spettacoli Tiscali, 14 giugno 2011
Storia di un bastardo. Prigioniero delle proprie nevrosi e dell’ubriacatura di potere che lo ha ulteriormente peggiorato. Una giornata scandita dalla guerra quotidiana nel giornale di cui è diventato direttore, con vessazioni distribuite qua e là ai sottoposti, per poi tornare a casa a sognare una impossibile pulizia, scandita dal rapporto deviato con detersivi e disinfettanti. Fino a quando, in questa vita sterile e autosufficiente, entra la passione, o quella che per Valdo, inquietante protagonista di Non sto tanto male, libro scritto dal giornalista Gianni Zanata, edito da Quarup, dovrebbe essere la passione. Ne abbiamo parlato con l’autore. Il Valdo di Non sto tanto male, cinico e nevrotico, è uno capace di far del male senza pentirsene. E si muove nell’ambiente giornalistico che lei conosce molto bene. Per scrivere questo libro ha in qualche modo somatizzato anni di frequentazioni professionali?
“Ho soltanto usato dettagli di un ambiente in cui lavoro da anni, ma nel giornalismo esistono buone persone, come in altri ambiti. Mi interessava sviluppare questa storia che è come una corda sempre più tesa man mano che la narrazione prosegue. In questo modo il potenziale detonante di Valdo cresce pagina dopo pagina, fino a quando la schiuma esplode ed esce dalla lavatrice, come nella copertina dl libro”. Un noir, dunque. Anche olfattivo, a questo punto?
“Sì, i ricordi del protagonista passano per odori chimici, dai detersivi che lo riportano all’infanzia, alla figura materna, fino alla bizzarra passione per gli ammorbidenti, che osserva con sguardo quasi folle mentre colano giù per il lavandino. Niente profumi di fiori o prati verdi, Valdo vive di emulazione e corsa quotidiana, tutto è emulazione in lui, anche gli odori riposanti. I suoi desideri nascono spesso dalla smania di potere, come quando si innamora di una ragazza, Bianca, che insegue, idealizza, sempre sfuggendo ad un vero contatto umano. Da una parte il desiderio di una vita pura, dall’altra la quotidianità fatta di soprusi, cocaina, tradimento degli amici e di quelli che erano i suoi più fidati collaboratori”. Una storia nera senza catarsi finale né lieto fine, ormai non più necessario alla letteratura, come ci ha detto a suo tempo Massimo Carlotto. Lei è d’accordo?
“Perfettamente, l’happy end forse ha un valore commerciale per altri generi letterari, non per questo. L’unico aspetto vagamente positivo del mio personaggio è un certo romanticismo infantile. Peccato che vada ad alimentare i suoi deliri. D’altra parte se la letteratura moderna, specie il noir, ritrae sempre più spesso personaggi negativi, lo fa come ripetitrice di una realtà in cui siamo immersi. Che non è, evidentemente, una realtà rassicurante. Nel mio libro c’è anche una tenue rievocazione dell’incontro del protagonista con un prete pedofilo”. Uno alla Don Seppia, per intenderci?
“Ecco, pensavo proprio a questo. Il prete che descrivo io è quasi un principiante dell’abuso rispetto a quanto è venuto fuori dai fatti di cronaca recente legati al religioso ligure. Come si fa a pensare ad un happy end di fronte ad una realtà del genere? Al massimo riesco a rifugiarmi nell’ironia, aiuta a sopravvivere. Nella vita come nella scrittura”.
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L’Unione Sarda –
L’Unione Sarda, 12 novembre 2011
Celestino Tabasso –
Celestino Tabasso, L’Unione Sarda, 5 maggio 2011
Francesca Fradelloni –
Francesca Fradelloni, Sardegna Quotidiano, 7 settembre 2011