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Una idea di letteratura
Nicola Sacco Racconti a vita bassa

di Christian Verzeletti, Mescalina

Dopo le pubblicazioni di “Liberami dal nulla” (Tennessee Jones) e “Addio, bellavita” (Sam Brumbaugh), la Quarup inaugura una nuova collana denominata “Le impurità del bianco”. Anche stavolta sono due le uscite a tema: “Racconti a vita bassa” di Nicola Sacco e “Per tutte le altre destinazioni” di Fabrizia Pinna. Si tratta di storie di vita al margine, non lontane dalle precedenti, raccolte nella collana “Badlands”. È chiaro che qua l’ambientazione è italiana e nel caso di Nicola Sacco ad essere protagonista è un Sud asfissiante, che toglie il respiro a dei personaggi spasmodicamente reali.
Attraverso una serie di brevi racconti questo giovane autore di Modugno (Bari) tratteggia quella che più volta chiama una “terra bruciata”, non lontana quindi dalle “badlands” di cui sopra, tanto per confermare la linea editoriale della Quarup. Tra bambini seviziati, donne recluse e un conducente d’autobus rinchiuso in sé stesso, Sacco delinea una realtà spietata giustamente intitolata “a vita bassa”: i protagonisti vivono ad un livello infimo, in una roulotte, in una voliera o vicino ad un condotto fognario e sono costretti a provvedere ai loro bisogni facendo spesso i conti con la violenza e con la morte.
L’autore usa un linguaggio che brucia, spietato anche nei termini, e compone frammenti che sommati l’un l’altro mirano a sfogare più che a denunciare. Cormac McCarthy, citato come punto di riferimento, è scrittore di un altro livello, ma Sacco ha le potenzialità per costruirsi un proprio stile: essendo così aderente alla realtà del suo Sud, la scrittura per lui è qualcosa che non si può trattenere, che si impone come la fame fa coi suoi soggetti. Tutto nei suoi racconti è spinto da un istinto famelico, da chi fa la carità ad un incrocio per trovare da mangiare a chi si fa recapitare un fantoccio gonfiabile per sfogare i propri istinti sessuali fino ad un autista che si lancia in una folle corsa nel tentativo di imboccare una via d’uscita, anche se per il solo attimo della fuga.
L’identità dei singoli è indelebilmente segnata: bambini che non ricordano il proprio nome o che sono stati costretti a cambiarlo e adulti, come Ingannamorte Umberto, che si portano addosso i segni del destino, tutti riuniti in un’unica parola, “Malesangue”, che accomuna come un’epidemia.
Ad ogni capitolo un intermezzo tenta di ridare speranza e una donna prepara dei manicaretti, ma tutto è fagocitato da un’inarrestabile discesa verso il basso. Non a caso più si procede nella lettura più prendono forma concreta gli spettri della pedofilia e della mafia, quest’ultima descritta nel capitolo conclusivo ispirato al Riccardo III di Shakespeare.
Quella di Nicola Sacco non è una scrittura solidale, ma drammaticamente partecipe e proprio per questo in futuro potrebbe lasciare segni importanti.

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