Descrizione
È un viaggio in macchina, tecnicamente. Anche se narrato da pochi interni di una casa. E un accampamento nell’introspezione e nel disorientamento, anche se ci fa percorrere quasi fisicamente le distanze fuori scala degli States. È un racconto che sa di gas di scarico, e di una maledizione arcana…
Hayward Theiss, giovane autore televisivo alla ricerca di talenti emergenti del rock, si ritrova sul ciglio di una strada, sporco di sangue e di ghiaia. Senza coscienza di cosa gli sia capitato, si trascina in una villetta – apparentemente disabitata – sul mare, a Malibu. Inizia così, nella rarefatta atmosfera di un noir, Addio, bellavita, il romanzo d’esordio di Sam Brumbaugh. E subito, dal cottage in cui Hayward ha trovato rifugio, inizia a condurci a ritroso lungo i motivi e le strade che ce lo hanno portato. Ci si svelano, in graduata progressione, i personaggi e i fatti della vita del protagonista, i compagni di liceo che hanno contratto con lui una sorta di vincolo per la scoperta del mondo, le donne che ne hanno fatalmente ibridato l’anima, i colleghi di lavoro che incarnano l’inevitabile compromesso tra il reale e i suoi & nostri sogni. È un viaggio in macchina, tecnicamente. Anche se narrato da pochi interni di una casa. E un accampamento nell’introspezione e nel disorientamento, anche se ci fa percorrere quasi fisicamente le distanze fuori scala degli States. È un racconto che sa di gas di scarico, e di una maledizione arcana. Il percorso cifrato di una penna sapiente, che ci costringe a percepire la luminosa-inebriante imprecisione delle nostre esistenze.
Sam Brumbaugh
SAM BRUMBAUGH è nato a Washington nel 1966, e vive oggi a New York. Ha lavorato nell’industria musicale per due decenni, in qualità di talent scout e produttore, collaborando con artisti come i Pavement e Cat Power, realizzando programmi musicali per la PBS e Canal Plus e un documentario sulla vita del grande musicista texano Townes Van Zandt. Dopo aver pubblicato i suoi esordi letterari in prestigiose riviste come «Open City» e «The Southwest Review», debutta come romanziere con “Addio, bellavita” (Open City Books, 2005).
Giuseppe Giglio –
Vagabondare dentro la propria vita
di Giuseppe Giglio, Stilos
Recensione del romanzo Addio, bellavita di Sam Brumbaugh (Quarup, 2006), pubblicata sul n. 25 di «Stilos», del 19/12/2006
Grottesco, al limite dell’assurdo, ferocemente reale. È il romanzo di un esordiente che racconta di un viaggio in macchina – una sorta di chatwiniano «tredicesimo viaggio» – lungo le enormi distanze degli States (ma narrato dalla mansarda di un cottage), tra le ruvide intercapedini di un’America underground e marginale, piena di dropout, alcolizzati, artisti falliti, tossicodipendenti, esseri fragili e indifesi tra squali terragni.
Tutto comincia nella rarefatta atmosfera di un noir, quando Hayward Theiss, giovane autore televisivo alla ricerca di talenti emergenti del rock – dopo essersi ritrovato, sanguinante e sporco di ghiaia, sul ciglio di una strada, e senza che abbia compreso cosa gli sia capitato –, si rifugia in una villetta sulla spiaggia di Malibu. E sul viaggio reale subito si innesta un lucido e impietoso voyage nell’introspezione e nel disorientamento, in una terra ove alligna una cultura senza radici, tra vite intossicate dai gas di una società corrotta e ipocrita, e triturate da mostruosi ingranaggi; in una terra affamata di vita, ma invasa da una polvere ancor più sottile di quella del deserto, che inesorabilmente si insinua nell’anima.
Il racconto si dipana attraverso un lungo flash-back memoriale di Hayward (la voce narrante), che – come guidato da involontarie reminiscenze, e facilmente cedendo, pur con qualche abusato stilema (colpa dell’inesperienza?), a feconde pause digressive (finestre aperte sulla greve e grigia realtà del suo tempo) – racconta, in prima persona, della sua vita: un’agile sequenza di vicende che si snoda tra la famiglia, gli amici, i compagni di liceo con cui egli ha iniziato una sorta di percorso di formazione alla scoperta del mondo, le donne che ne hanno fatalmente ibridato l’esistenza. Emergono così a poco a poco i vari personaggi del romanzo, vividi simboli di un’umanità che rischia di perdersi nei kafkiani meandri del vivere, che annaspa tra la terribile esilità e l’ambiguità disarmante delle relazioni umane. Personaggi come il bisnonno di Hayward, «quintessenza degli americani solitari e itineranti, come condannati da una maledizione a vagare intrappolati in un mito»: uno stravagante imprenditore del Midwest che, negli anni Trenta, sognava di rendere il mare «l’ultima frontiera abitabile» (attraverso il Sea World, un enorme acquario di vetro azzurro abitabile, un avveniristico centro-studi marino), ancora inconsapevole che «solo gli impianti petroliferi avrebbero mai abitato il mare». O come Kimmel, uno degli amici di Hayward, un cantautore solitario e fallito, che detesta le jam session e le sale di registrazione: «Non pensi mai che siamo nati per crescere? A una certa età fai perfino fatica a tenere il passo della tua crescita. Poi all’improvviso, in un attimo, tutto si ferma. E sei cresciuto. E poi devi soltanto difenderti», aveva detto una volta Kimmel a Hayward (stavano per finire l’università).
E il voyage continua… tra le ambiguità i conformismi e le debolezze di un pezzo d’America di oggi, di cui Brumbaugh cerca di raccontare la radicalità, l’inconsistenza, il grigiore, o il buio, dell’esistenza. Dopo le prove magistrali di scrittori come Kerouac, Fante e Bukowski. Perché – malgrado tutto – val sempre la pena di scovare scampoli di vissuto, tentare di conoscere un uomo, come recitano i versi di Robert Creeley (tratti da I know a Man) – uno dei cantori della Beat generation – con cui Brumbaugh ha voluto cesellare l’epigrafe di Addio, bellavita: «… il buio, dissi, ci / circonda, che / ci possiamo fare, / sennò, compriamo e / perché no, un maledetto macchinone, / guida disse, per / dio, stai / attento a dove vai».
Christian Verzeletti –
Sam Brumbaugh Addio, bellavita
di Christian Verzeletti, Mescalina
La seconda uscita della collana Badlands per la Quarup Editrice è “Addio, bellavita”, altro esordio di uno scrittore americano dopo l’ottima prova di Tennesse Jones con “Liberami dal nulla”.
Sam Brumbaugh è un giovane autore di Washington che ha bazzicato nel mondo della musica andando in tour con Pavement, Cat Power, Mogwai; ha inoltre prodotto speciali televisivi tra cui anche un documentario su Townes Van Zandt.
In “Addio, bellavita” riversa l’esperienza e la frustrazione che gli derivano da un ambiente sempre più claustrofobico e perverso: il protagonista, Hayward Theiss, è un autore televisivo alla ricerca di talenti del rock che finisce per perdersi in una concatenazione di eventi allucinati.
Quello che Brumbaugh rappresenta è un mondo ossessionato, alla disperata ricerca di un’affermazione e di un’identità che sembrano irraggiungibili: storie e personaggi si risucchiano a vicenda tra sogni infranti, amori sprecati, alcolici, sniffate e manie di protagonismo.
L’unico punto di riferimento del protagonista è la figura di Annie Oakley, la cui storia sta sotto a tutto il romanzo come metafora dell’intera società americana: la vicenda di questa cowgirl, vissuta tra la seconda metà del 1800 e l’inizio del 1900, è emblema di un’umanità che diventa vittima del proprio successo fino all’incapacità di distinguere tra reale e immaginario, tra vita vera e illusione.
Oltre a Theiss ci sono nel testo altre figure che si rincorrono in un vortice senza scampo: una rock-star frustrata e complessata, una donna perduta nei meandri di una malattia psichica, un manager iperattivo che decede per overdose e così via in un intreccio che scivola sempre più verso il fondo.
La scrittura di Brumbauch difetta di una forza narrativa che altri hanno dimostrato in romanzi simili (uno su tutti Bret Easton Ellis), ma bisogna comunque riconoscerle uno sguardo che mira a riflettere il disorientamento dell’America di fronte alla perdita dei propri sogni. Il romanzo infatti ruota attorno alla domanda che tutti i personaggi in un modo o nell’altro si pongono: “Ma cosa è successo? Cosa è successo veramente?”.
Non a caso la narrazione si svolge partendo dal risveglio del protagonista, sanguinante e privo di coscienza, in una villetta abbandonata: il suo e quello dell’autore è un tentativo di ricostruire l’accaduto senza averne la reale comprensione.
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Tommaso de Lillo –
Un viaggio introspettivo tra sogni e realtà
di Tommaso de Lillo, La Voce d’Italia, 21 novembre 2006
Recensione pubblicata su «la Voce d’Italia» il 21/11/2006.
Hayward Theiss si ritrova sul ciglio di una strada. Sangue e ghiaia ricoprono il suo corpo e la sua memoria è svanita. Non sa come si sia trovato lì, come ci sia arrivato e soprattutto perché. Confuso e stordito riesce a trascinarsi fino ad una piccola casa che affaccia sul mare di Malibu, Stati Uniti. In quel rifugio, apparentemente disabitato, inizia una lunga opera di ricostruzione di quanto accaduto.
Addio Bellavita, racconta questo. Racconta di come un uomo si trovi di colpo e senza nessun preavviso, a fare il punto della situazione: capire come sia finito sanguinante sul bordo di una strada e ricostruire la propria vita diventa un’unica riflessione, un po’ sogno, un po’ allucinazione.
È il primo libro di Sam Brumbaugh (nato a Washington, classe 1966), che fino ad ora si era occupato di musica, collaborando con artisti come i Pavement e Cat Power e molto della sua vita è trasposta nel protagonista del suo libro: Hayward Theiss infatti è un giovane autore televisivo, sempre alla ricerca di nuovi talenti emergenti del rock.
Addio Bellavita è un libro che si inserisce nel filone “On The Road”, anche se costretto a fare i conti con i tempi che corrono. Non c’è più il grande sogno americano sullo sfondo, non ci sono corse da una costa all’altra piene di speranza, di sogni da realizzare e di persone da incontrare. Non c’è più quel girovagare creativo, foriero di idee e aspirazioni.
Quello che rimane è un viaggio introspettivo, un vagabondaggio dentro la propria esistenza, a tratti amaro, a tratti ironico, raccontato con una sorta di duplice narrazione che, se da un lato avviene staticamente fra le quattro mura della villetta sul mare dove il protagonista, Hayward Theiss, cerca riparo, dall’altro è in movimento cercando di ricostruire la propria vita. Affiorano così tutti i personaggi che si sono avvicendati nella sua esistenza: amici, compagni di liceo, donne, colleghi di lavoro.
Addio Bellavita racconta anche la fine di un sogno: lo struggimento interiore del protagonista, il suo interrogarsi sulla sua vita, va di pari passo con la fine di quelle aspirazioni che avevano fatto grande i decenni ‘50/’60 negli Stati Uniti. Se Jack Kerouac, nel 1957, andava di corsa da costa a costa, raccontando tutto nello storico “Sulla Strada”, incontrando amici, sconosciuti, attraversando situazioni, sensazioni e vibrazioni, oggi, non si può che viaggiare dentro se stessi, dentro alla propria coscienza, cercando di ricostruire la propria vita. È finita l’epoca dei grandi sogni e delle cose in grande, fatte tutti insieme.
Resta la tentazione di viaggiare, di spostarsi per cambiare il paesaggio dentro di sé, come mero momento di introspezione. Per questo il libro d’esordio di Sam Brumbaugh rappresenta l’evoluzione di un filone, rielaborato ed adattato ai nostri tempi. È un momento di riflessione quasi coatto, costretto dagli eventi. Ma è anche la ricerca di una seconda possibilità.
Brumbaugh Sam, Addio Bellavita, Quarup, Collana Badlands, pp. 304, euro 13,00
di Tommaso de Lillo