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Una idea di letteratura

La droga fa bene

(12 recensioni dei clienti)

13.00

L’unica cosa che possiamo sperare di conservare è la dignità; e questa, paragonata al fulgore rigoglioso e lacerante che avevamo un tempo, è qualcosa di abbastanza sbiadito.

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Categoria: Product ID: 1566

Descrizione

L’unica cosa che possiamo sperare di conservare è la dignità; e questa, paragonata al fulgore rigoglioso e lacerante che avevamo un tempo, è qualcosa di abbastanza sbiadito.

“Non c’è nessuno di cui potersi fidare, nessun esempio da seguire ma solo un destino da costruirsi da soli”: è con questo unico ammonimento, ma grande, che Lisa Crystal Carver cresce nella provincia americana, come in una canzone di Johnny Cash. Abbandonata da un padre troppo impegnato col crimine e da una madre troppo malata (anche, se non soprattutto, di conformismo), il destino lei se lo inventa davvero con tutta la paradossale fantasia di chi ha l’indole, prima che il talento, del narratore. E così con l’amica del cuore, Rachel, all’ultimo anno del Liceo, dà vita a un’esplosiva performance destinata a scuotere per sempre la sonnacchiosa Dover, New Hampshire: su un palco sguarnito, con le parole di Henry Rollins nella testa, “devi essere metà animale e metà macchina”, e una sensazione di velocità e violenza che sgorga dal suo essere, inizia a urlare, sfoderare parolacce, spogliarsi e gettare oggetti contro il pubblico con una registrazione de La febbre del sabato sera come sottofondo. Un’esibizione in puro stile punk, un rito spontaneo di iniziazione, una “linea d’ombra” valicata in un attimo uscendo da un cesso: è la nascita dei Suckdog. Quella “musica”, di cui non sa nulla, diviene per lei il pretesto per gridare contro tutto ciò che le impedisce di costruire, liberamente, la propria vita. Lisa scopre se stessa, il mondo, e la vita, e lo fa con dolce saggezza, e debordante ironia: scopre il successo (addirittura esagerato) che le era passato addosso senza lasciarle il tempo di rendersene conto), scopre la grazia della maternità, il dolore, legato alla malattia genetica del suo Wolf; scopre che il tempo stesso ci costringe a cambiare, finché non ci accorgiamo che “l’unica cosa che possiamo sperare di conservare è la dignità; e questa, paragonata al fulgore rigoglioso e lacerante che avevamo un tempo, è qualcosa di abbastanza sbiadito.” Lisa Carver, diventata ciò che è mentre scopriva ciò che era, ha aggredito la vita, con una famelica “velocità”. E adesso, con la sua scrittura di grande e ineducato talento, ce lo racconta in questo memoir emozionante, ironico ed estremo, che fa viaggiare il lettore attraverso un mondo ignoto e fantastico, lo colpisce e alla fine lo mette in scacco, tra lacrime e risate.

Lisa Crystal Carver
LISA CRYSTAL CARVER è nata nel 1968 nella piccola città di Dover. Precocissima protagonista della scena musicale underground statunitense, ha legato il suo nome alla band di cui è stata fondatrice e leader, i Suckdog, con i quali ha inciso tre album – tra cui Drugs Are Nice (1989). Il suo interesse per la scrittura, intrecciato a quello per il rock, la ha portata dapprima a dar vita alla fanzine «Rollerderby», a collaborare con riviste come «Glamour», «Newsday» e «Playboy» con interviste ad artisti come Beck Hansen, Courtney Love, Lydia Lunch, GG Allin, i Sonic Youth, le cui carriere musicali si svolgevano in contemporanea con la sua, ed infine a esordire come scrittrice nel 1996, con la pubblicazione di Dancing Queen. L’edizione originale del presente La droga fa bene è uscita per Soft Skull nel 2005.

Informazioni aggiuntive

Autore

Collana

ISBN

978.88.95166.11.7

Traduzione

Ilaria Rigoli

Pagine

272

Formato

14×21

12 recensioni per La droga fa bene

  1. Caterina Brancatisano

    L.C. Carter, La droga fa bene
    di Caterina Brancatisano, Notiziario CDP

    L.C. Carter, La droga fa bene, Quarup 2010, pp. 267 euro 13,90.

    L’autrice, giovane americana fondatrice del gruppo musicale underground Suckdog, parla della sua esperienza di vita passando attraverso la sua situazione familiare, le amicizie e la musica. Il suo interesse per la scrittura, unito alla passione per il rock, l’ha portata a collaborare con importanti riviste del settore e ad intervistare artisti famosi la cui carriera musicale si svolgeva in contemporanea alla sua.

    Questo testo, definito “memoir ironico ed estremo”, può risultare utile per capire ancor più a fondo un aspetto sconosciuto del tempo in cui viviamo attraverso gli occhi di una giovane disincantata e apparentemente coriacea per la quale «non c’è nessuno di cui potersi fidare, nessun esempio da seguire ma solo un destino da costruirsi da soli». (c.b.)

  2. Crizia Giansalvo

    Drugs Are Nice / Le droghe fanno bene
    di Crizia Giansalvo, Distorsioni, 5 settembre 2010

    Per essere pubblicato in Italia abbiamo dovuto aspettare cinque anni. Il padre di Lisa è andato in prigione quando lei aveva sei anni. Quasi lo stesso lasso di tempo, ma con risultati diametralmente opposti. Noi in questi anni siamo scivolati in un abisso dove la privazione sembra essere l’unica soluzioni ai nostri mali, Lisa tentava disperatamente di risalire dalla voragine di libertà in cui era stata trascinata dal padre. La figura genitoriale sarà il punto di riferimento costante nella sua vita. Davanti aveva un padre e un assassino, ma anche l’unica persona capace di metterla in gioco, capace di metterla davanti il tragicomico segreto dell’esistenza : non siamo nessuno, non abbiamo nulla da perdere, tanto vale oltrepassarlo il limite.
    Crescendo, Lisa volgerà lo sguardo sempre verso il margine della vita sociale. Adolescente strana, vista con occhio cattivo anche dalla popolazione alternativa scolastica, trova nella outsider Rachel la figura perfetta per prendere le veci del padre. Dalla loro amicizia, dai loro lunghi viaggi on the road per gli Stati Uniti nasceranno le SuckDog, collettivo dedito a creare un’arte, musicale e figurativa, che esuli dagli schemi e sia volta a shockare il pubblico. La musica è un contorno distorto e rumoroso, colonna sonora di teatrali di storie dove la sessualità e la violenza hanno il sapore più aspro dell’infantilità.
    Le guide spirituali saranno personaggi come GG Allin (il primo album delle SuckDog si intitola Rape GG) conosciuto casualmente in una stazione di autobus, di cui Lisa, nel corso del libro, darà il ritratto più umano dell’artista che sia stato mai scritto.
    Dopo essersi trasferita a Parigi e aver sposato Jean Louis Costes, Lisa inizia una vita tra prostituzione e giornalismo, per il magazine Dirt e la fanzine da lei creata Rollerderby, oltre a condividere il palco con il marito. Lo stile e le interviste di Lisa colpiranno i direttori delle più importanti riviste americane. Celebre sarà la sua rubrica dove racconta in prima persona le sue esperienze sessuali. In questi anni entra anche in contatto con artisti come Dame Darcy, e Nick Zedd.
    Finito il matrimonio con Costes, si lega al controverso Boyd Rice dal quale avrà un figlio nato con una malformazione genetica. Quando anche la vita domestica violenta, Lisa decide di dover affrontare un cambiamento, iniziando da se stessa. Riprendendo una frase di Dostoevsky “in molti casi le persone, anche le più malvagie , sono molto più naive e buone di cuore di quello che pensiamo. E questo vale anche per noi stessi” Lisa ci traccia un percorso di crescita, personale e come artista, di una donna che cerca un senso di normalità fiera di un passato vissuto al limite che, se non diventa per lei ingombrante, sarà comunque un qualcosa da cui riscattarsi per il futuro del figlio. Con una scrittura cruda, ironica ed estremamente cerebrale, la “Hunter S. Thompson in gonnella” come l’ha definita «Wired Magazine», ci offre uno spaccato di vita generazionale, la storia di una scena underground, quella degli anni ottanta, che inizia ora ad essere approfondita.
    Le droghe, il sesso e la violenza sono riportati da Lisa con una dolcezza schietta, senza mai cadere nel facile tranello di regalare aneddoti scabrosi che sveglierebbero più una curiosità effimera che altro.
    Le parole e il mondo della Carver scavano dentro leggeri, come il fantastico dialogo finale con l’amica Rachel. Poteva essere facilmente un libro maledetto, un racconto disperato, ma è impossibile ignorare quel contorno infantile, quel saper guardare il mondo con gli occhi di chi quel posto ha saputo fotterlo vincendo ed è pronta a sotterrare l’ascia di guerra alla ricerca di una serenità dove la normalità può anche non spaventare.

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  3. Michele Casella

    L’autobiografia (romanzata) della leader dei Suckdog
    di Michele Casella, Pool Magazine, 13 agosto 2012

    Costruito con uno stile fresco e diretto, per molti versi simile a quello di un diario adolescenziale, il libro di Lisa Crystal Carver è un racconto picaresco in cui la leader dei Suckdog racconta le sue avventure artistiche, personali e sentimentali.

    Una scrittura leggera ed autoironica, che corrisponde perfettamente all’approccio assolutamente naif e dissacrante che la Carver ha seguito durante la sua carriera da musicista, performer e scrittrice.

    Un libro che attraversa la scena indie più legata all’eredità punk, mostrandone il lato più sincero e regalandoci quadretti imperdibili legati a personaggi ormai noti del panorama alternativo (imperdibile il primo in contro con Bill Callahan aka Smog), ma soprattutto un volume privo di censure e retorica, dove sesso, nichilismo, eccessi e scalpore si intrecciano alla vita di questo strano folletto americano. Una piacevole lettura per indie-kids di nuova e vecchia generazione.

  4. TG Sardegna

    La droga fa bene – TG Sardegna
    di TG Sardegna

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  5. Gloria M. Ghioni

    La droga fa bene: Lisa Crystal Carver e le Suckdog
    di Gloria M. Ghioni, Critica Letteraria, 3 gennaio 2011

    Mi sento come mi sentivo da bambina. Mio padre esigeva da me completa devozione e completa indipendenza. Ma le due cose non possono stare insieme. Poi c’era mia mamma: col sangue che le usciva dal naso, dalle gengive, dai punti di sutura, ma sempre pronta ad allungare una mano per darmi un ceffone. […] Se rimanevo, sarei morta per asfissia; se me ne andavo, l’avrei uccisa. Per quel che mi riguardava il mondo intero non era che una trappola. Non c’era via di uscita per me. L’unica possibilità di azione era serrare gli occhi e vedere un mondo inesistente, per non vedere quello che esisteva. (p. 132)
    Lisa Crystal Carver, autrice americana di culto, porta nella sua scrittura la stessa forza dirompente che negli anni ’90 aveva caratterizzato il suo gruppo punk, le Suckdog. Lisa non sa cantare e non sa recitare; eppure canta e recita. Vita e musica si intrecciano in questa autobiografia fuori dal coro, a tratti dissonante, cacofonica quanto le sperimentazioni del gruppo, che portano in scena atti sessuali, episodi di violenza e irrisioni contro il pubblico, in un postmoderno teatro degli orrori. La trivialità bassa, concreta e dissacrante, sempre scioccante, è però asservita a messaggi sociali e culturali più alti. Sottesi, un pessimismo spesso nichilista e il gusto per l’affronto ai valori tradizionali.
    Ma Lisa non si limita a vivere sul palco questa provocazione; la sua stessa vita è spiazzante, un perfetto mix di autodistruzione e ricerca di «inconsistenza». Amori sbagliati con persone stravaganti, strane, disadattate e talvolta pericolose, riflettono un complesso edipico mai risolto; amicizie sballate e a volte unilaterali cercano di rimpiazzare il rapporto deviato ed emotivamente carente coi familiari. E poi ci sono i vari tour, portati avanti per quasi tutti i Paesi degli States, e oltreoceano; i periodi di pausa e di problemi economici, in catapecchie con un futon e qualche scatoletta; i seminterrati pieni di smog; la nascita della fanzine «Rollerderby» e le caterve di lettere dei fans; il desiderio costante di scrivere; le violenze, i rapporti sessuali deviati, le sbornie e il fumo, le pasticche. Addirittura, Lisa per un certo periodo sceglie la prostituzione come unica via per privarsi della propria interiorità e assumere continuamente diverse identità.
    Finché arriva Wolf, figlio avuto da Boyd, artista fallito, alcolista e accusato di essere neonazista. Il bambino, gravemente ammalato e bisognoso di costanti cure, opera in Lisa una trasformazione via via più evidente. Il senso di responsabilità di madre porta Lisa a lottare contro la sua stessa attrazione irrazionale per Boyd, e a strappare i legami con tutto ciò che è pericolo e sregolatezza, pur mantenendo quel filo di originale stravaganza.
    Una bohemienne contemporanea, si potrebbe dire; ma una bohemienne che sprezza il valore della vita, pur restando affascinata dalle piccole cose che la compongono. Lasciarsi vivere è spesso preferito al vivere, segnato invece da scoppi di rabbia feroci.
    Più volte, lo ammetto, la potenza provocatoria di Lisa mette a dura prova, specialmente se si è digiuni o quasi da letture simili. Eppure qualcosa avvince: forse è la capacità rara di ribaltare i punti vista, forse la curiosità un po’ morbosa, forse la carnalità brutale e fortemente sessuale; forse un sogno artistico che non si spegne, nonostante tutto; forse la speranza che in tanto caos alla fine si trovi una strada meno sozza e polverosa. O forse è la scrittura di Lisa, che mescola l’asciuttezza di Fante ai contenuti anticonvenzionali alla portata di un Bukowski o di un Miller. O forse è proprio la spontaneità e la naturalezza del dettato; la schietta e brutale sincerità con cui Lisa si dona al pubblico:
    Cerco di non scrivere come una “buona scrittrice” ma come se stessi raccontando qualcosa che non vedo l’ora di raccontare a una persona che sa già tutto di me e alla quale piaccio lo stesso. (p. 139)
    Tanti sono i possibili motivi; quel che è certo: il libro rapisce dalla prima all’ultima pagina. Ma non è un viaggio indolore, anzi! Si esce cambiati, schifati e inteneriti allo stesso tempo, certamente soggiogati dalla personalità originalissima della protagonista. Bisogna però essere disposti a sfidare le lame della violenza e dell’ira, tra turpiloquio, volgarità, cinismo e disfattismo. Non è quindi un libro per tutti: appagagherà solo il lettore alla ricerca di emozioni forti, aperto a scoprire un mondo-inferno estremo a suono di punk.

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  6. Luciano Luciani

    La droga fa bene
    di Luciano Luciani, Libere Recensioni, 21 dicembre 2013

    Lisa Crystal Carver, leader e fondatrice dei ‘Suckdog’, band protagonista della scena post-punk statunitense, li ha vissuti di corsa questi quaranta anni che ci dividono dal 1968, anno di nascita suo e di molti dei fermenti di rinnovamento e ribellione che all’ anno formidabile sono legati per sempre.
    In La droga fa bene (Drugs Are Nice), autobiografia che porta lo stesso titolo del disco di esordio dei ‘Suckdog’, vero e proprio cult e manifesto della rivoluzione punk, tutto è rievocato, senza enfasi e con lo sguardo consapevole di più di vent’anni dopo: la nascita per caso dei ‘Suckdog’, durante una serata con l’amica del cuore Rachel, all’ultimo anno del liceo, in un’esplosiva performance destinata a scuotere per sempre la sonnacchiosa Dover; la scoperta che urlare canzoni in compagnia di un’amica è, all’improvviso, “la cosa più bella del mondo”; il successo fulmineo. Con la band, Lisa girerà gli Stati Uniti e l’Europa e, in un tempo ancora una volta brevissimo, si troverà a Parigi fondatrice di un’aggressiva fanzine rockettara, “Rollerderby”. Poi, diventerà la moglie diciottenne del musicista attore e performer Jean–Louis Costes; subito dopo, insofferente al matrimonio, sarà prima prostituta e, infine, compagna dell’eccentrico impresario musicale Boyd Rice. La scoperta della malattia del figlio e la rivelazione del carattere violento di Boyd costringeranno Lisa, che ha sempre aggredito la vita, a fermarsi per la prima volta e a riflettere su di essa. Per scoprire di averne passate, in vent’anni, “più di quante se ne vive in una vita intera”, e comprendere che il successo esagerato le era passato addosso senza lasciarle il tempo di rendersene conto. Di lei e del suo gruppo hanno detto: “Lisa è l’allegria, la scorreggia, il sesso, la bellezza, la vita. È una manifestazione di Dio”. (Thurston Moore, “Sonic Youth”); “Lisa Carver è la versione sfolgorante come in un incubo del Sogno Americano”. (“Screw”); “Leggere Lisa Carver è come spararsi dell’acido insieme a una compagna di classe ninfomane che ti costringe ad ascoltare dei dischi graffiati del Kiss, mentre ti racconta le sue fantasie contorte” (“The Village Voice”); “i ‘Suckdog’, la più interessante rock band del mondo” (“Melody Maker”); “Lisa Carver, una dei cento visionari che ti cambieranno la vita” (“The Utne Readers”). Insomma. Lisa Carver ha rivoluzionato il costume rivoluzionando per prima la sua esistenza. E adesso con La droga fa bene, ce lo racconta. Perché i cattivi ragazzi non invecchiano, sembra dire Lisa: acquistano solo, col tempo, la coscienza delle buone ragioni che li avevano resi tali. Una consapevolezza che l’Autrice sbatte sotto gli occhi del Lettore, ora sorpreso, ora scandalizzato, ora divertito: lo fa, però, con una durezza sin troppo compiaciuta e un programmatico ‘maledettismo’ che appesantiscono una storia già estrema e tagliente di suo.
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  7. Marco Denti

    Spillando vita da vecchie rivolte, il diario dei giorni di pioggia di Lisa C. Carver
    di Marco Denti

    Cresciuta in una famiglia spezzata dalla vita, Lisa Crystal Carver ha ben presto imparato che il do it yourself, oltre che a una logica artistica per crearsi da soli un’arte, un pubblico e un mercato, può diventare uno schema per interpretare l’esistenza. S’inventa un gruppo, uno spettacolo itinerante di follie, una fanzine. Diventa cantante, moglie, madre, tenendo insieme tutto quanto con la forza della disperazione e con la scrittura come arma di autodifesa.
    La droga fa bene: Spillando vita da vecchie rivolte, il diario dei giorni di pioggia di Lisa Crystal Carver

    Per quel che mi riguardava il mondo intero non era che una trappola. Non c’era via di uscita per me. L’unica possibilità di azione era serrare gli occhi e vedere un mondo inesistente, per non vedere quello che esisteva.

    Sebbene il vero ordine nella vita di Lisa Crystal Carver sia stato il caos, nel raccontarlo è abbastanza schematica da intravedere, dietro il florilegio di una scrittura sghemba e sprezzante, una chiara sequenza. Quasi uno schema, per quanto sembri impossibile. Eppure, i passi sono presto decisi. Prima di tutto archiviare la (vecchia) famiglia: “La cosa che lo rende più orgoglioso, dice mio mio padre, è che non mi ha mai picchiato, anche se spesso ne avrebbe avuto voglia. Tanta. E ne avrebbe ancora, mi informa. Mi predice che per me sarà facile non picchiare i miei figli; sarà una cosa naturale. Merito suo: ha interrotto un’usanza familiare che andava avanti da almeno un secolo”. Varcata la soglia della disperazione altrui c’è la musica, l’arte, la scrittura, la vita sulla strada, anche se è tutto a un passo dalla tenebre: “Usciamo con gentaglia strana e spaventosa, che un po’ speriamo e un po’ temiamo si occupi di fare il lavoro sporco al posto nostro. Ma siamo così abituati a vivere dentro un sogno che perfino il lavoro sporco sembra un sogno. Non possiamo uscirne. Non possiamo svegliarci”. Lisa Crystal Carver ispirata in tutto e per tutto dal nocciolo dello spirito “punk”, sprizza idee a ogni secondo e l’arte diventa il modo per interpretare la vita, anche perché “la realtà è fatta per nove decimi di intuizione”. L’elemento della provocazione è certo determinante: c’è ossessione, c’è l’attrazione verso le morbosità, l’eccentrico, le devastazioni. Il suo è uno sguardo senza filtro, un diario scheggiato, un taccuino di appunti che diventa libro. Non avendo avuto niente dalla vita, Lisa si prende tutto senza distinguere l’arte dalla spazzatura, riesce ad avere un figlio (Wolf, il nome dovrebbe bastare) e poi subito un aborto, vive con amanti assurdi e viaggia in tour ancora più folli. La scrittura è grezza, immediata, smodata: è un do it yourself continuo, un taglia e cuci che sarebbe piaciuto a William S. Burroughs perché prima di tutto è uno strumento, il suo salvagente, un appiglio a cui Lisa si aggrappa nella sua disperata ambizione di comunicare con il mondo intero. Sembra Patti Smith adeguata ai tempi: più acida, più dura, più spietata. Persino con se stessa, ed è la sincerità negli atti finali a rendere credibile il suo rutilante incendere. La sequenza, anche in questo senso, è micidiale. Una prima distinzione, molto utile, racconta il senso della vita “underground” meglio di tanti studi sociologici e antropologici. In quattro righe quattro: “Non è che possiamo tutti essere produttivi, o che dovremmo esserlo. Il modo in cui gli antisociali, gli esseri rivoltanti o inetti o psicotici, guardano alle cose dovrebbe essere produttivo di per sé”. La seconda ammissione vale un Grammy per l’innocenza: “Non avevamo particolari capacità. Ci spingevamo oltre ciò che sapevamo fare e ciò che eravamo. Abbiamo fallito”. Come nel punk bastavano tre accordi per fare una canzone e formare i Clash, la terza e conclusiva nota da cercare frugando nel torbido delle pagine di Lisa Crystal Carver è rivelatoria nella sua disarmante chiarezza: “E’ dura farsi da parte, uscire da quei girotondi, solo perché ormai è giunta l’ora, perché è il turno di qualcun altro, e perché un piccolo essere umano ha bisogno di noi. E’ dura accorgersi che l’unica cosa che possiamo sperare di conservare è la dignità; e questa, paragonata al fulgore rigoglioso e lacerante che avevamo un tempo, è qualcosa di abbastanza sbiadito”. Tutto, e troppo presto, però qualcosa resta.

  8. Redazione Manwell.it

    Tempo d’estate io leggo voi che fate
    di Redazione Manwell.it

    Anche per uno che ha sempre letto, soprattutto per piacere e un po’ per “mestiere”, l’estate è sempre l’estate: nel senso che ti svegli e puoi leggere al cesso senza fretta, di mattina puoi leggere al mare spaparanzato sul lettino, mentre la bimba dorme puoi approfittarne per leggere, di sera al letto puoi tirare fino a tardi senza preoccuparti del giorno dopo. Insomma avete capito. Il bilancio delle letture estive quest’anno è più che discreto, diciamo da 7+.
    La droga fa bene di Lisa Crystal Carver (Quarup)
    Nessuna parentela col grande Ray, ma il passo dello scrittore è lo stesso. Una vita ingarbugliata quella della misconosciuita eroina dell’underground musicale a stelle e strisce. In questo romanzo autobiografico Lisa Crystal Carver racconta la sua esistenza up&down dai primi vagiti con i Suckdog, passando per la sua mitica fanzine Rollerderby, fino al matrimonio violento con quel pazzo di Boyd Rice. Un ottimo libro (auto)ironico e profondo.

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  9. Federico Fragasso

    La droga fa bene
    di Federico Fragasso, Indie-Eye, 24 agosto 2010

    Provate a immaginare la tipica liceale punk. Non dovrebbe essere difficile, ce n’è almeno una in ogni istituto superiore. È la ragazza con i fuseaux dentro agli anfibi, con la maglietta strappata, con i capelli che, a forza di tinture, hanno assunto un’indefinita colorazione grigio topo. Quella che solitamente scopa il tipo con la faccia da duro, la catena al collo e la cresta di un metro e mezzo. E che lo lascia per un tipo con la faccia da duro, la catena al collo e la cresta di due metri. Bene, in genere la fase ribelle di tale non-allineata dura fino ai 22, 23 anni, dopodichè la nostra mette – come si suol dire – la testa a posto. Riesumerà il proprio passato solo in occasione di un tè con pasticcini, mentre sfoglia assieme alle amiche gli album di fotografie nel salotto buono (“Ah, certo che all’epoca ero proprio una pazza! Guarda come andavo in giro!”). A meno che di nome non faccia Lisa Crystal Carver, nel qual caso non solo la sua ribellione potrebbe diventare un’attitudine consolidata, ma finirebbe per essere affrontata all’interno di un’autobiografia. Opera che l’autrice ha effettivamente pubblicato in America nel 2005, e che i tipi della Quarup hanno di recente stampato per il mercato italiano. L’esistenza borderline di una protagonista dell’underground statunitense di fine anni ottanta/primi anni novanta è un’odissea di sangue e merda, in cui il vissuto personale si confonde continuamente con quello collettivo. La traumatica maturazione della donna Lisa avviene mentre l’artista Lisa fotografa dall’interno il sottobosco DIY e le tendenze musicali che lo agitano. Da prima calcando i palchi con la sua band, i Suckdog (una personale rilettura del Teatro della Crudeltà), e poi tramite gli articoli e le interviste redatte per la fanzine Rollerderby, Lisa entra in contatto con una serie di personaggi leggendari. Individui rimasti sconosciuti ai più, ma assolutamente fondamentali per la maturazione e lo sviluppo di quella musica “che non è musica, è rumore”. Rottami autodistruttivi come GG Allin, fusi di testa come Jean-Louis Costes, ascetici menestrelli come Bill Callahan (Smog), inquietanti parafascisti come Boyd Rice (Non) – molti dei quali destinati a diventare amanti della stessa Carver – sono solo alcuni dei nomi citati nell’opera. La scrittura brutale, eppure fortemente ironica, ben si confà alla volontà di sacrificio dei protagonisti, pronti a tutto pur di riuscire a suscitare una reazione nell’ascoltatore. L’opposto di quello che all’epoca avveniva all’interno del ben più mansueto circuito indie rock: “negli spettacoli di indie rock a cui sono stata il pubblico se ne sta in piedi con le braccia incrociate e lo zaino in spalla, con un look assolutamente identico a quello dei tre tipi sul palco (sono tutti gruppi di tre membri) che cantano borbottando cose senza senso, e non c’è una sola persona che indossi o faccia qualcosa di inopportuno… sospetto che farfuglino invece di cantare così nessuno può cogliere il messaggi, perché il messaggio non c’è!”. Sebbene nessuno di questi artisti abbia raggiunto la fama, sebbene nessuno si sia arricchito o abbia goduto di un vero e proprio successo di massa, la loro mancata rivoluzione può costituire una valida ragione di orgoglio. Come sottolineano le parole della stessa autrice, Lisa e i suoi non hanno mai optato per comode vie di mezzo. Hanno puntato dritti al cielo, e se sono poi finiti in una fogna è solo a causa di un errore di percezione: “«I Nirvana ce l’hanno fatta» ribatte Rachel, ma io loro non li considero. Alla fin fine sono rimasti dei tradizionalisti, mente noi volevamo sovvertire dalle fondamenta il modo di fare musica… volevamo abbattere ogni barriera… volevamo trasformare uno show dal vivo in un’ora e mezzo da sindrome di Stoccolma, perché è quando non ci si ricorda più di chi sono i nemici e gli eroi che si può ricostruire il mondo da capo”.
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  10. Manuel Graziani

    Manuel Graziani, Rumore, ottobre 2012

  11. Marilù S. Manzini

    Marilù S. Manzini

  12. Michele Casella

    Michele Casella

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