Descrizione
Un ragazzo senza nome, protagonista per finta, si aggira fra i mattoni d’Inghilterra, e passa con la sua videocamera virtuale attraverso la penombra perpetua di una minuscola comunità di immigrati (italiani e non solo) e di scarafaggi: c’è Maddalena, “talmente sporgente di ossa che solo a guardarla fa male”; Redo, che abita al 58 e che “s’inguaia di stomaco tre volte all’anno”; Sieva, che “sul sofà succhia una corta sigaretta” cercando inutilmente “un buon pensiero innocuo e che dia pace”.
Un ragazzo senza nome, protagonista per finta, si aggira fra i mattoni d’Inghilterra, e passa con la sua videocamera virtuale attraverso la penombra perpetua di una minuscola comunità di immigrati (italiani e non solo) e di scarafaggi: c’è Maddalena, “talmente sporgente di ossa che solo a guardarla fa male”; Redo, che abita al 58 e che “s’inguaia di stomaco tre volte all’anno”; Sieva, che “sul sofà succhia una corta sigaretta” cercando inutilmente “un buon pensiero innocuo e che dia pace”.
C’à Mauer, con i suoi “occhi allibiti e grigiastri”, “capelli biondo bianco”, un nome e gesti da tedesco; e il Sardo, che “per le mani non può avere libri o fiori” ma solo un “moscerino d’hashish”. E poi c’à Piezo, portoghese e lavapiatti, con il “suo sbrigarsi da braccato”, che ti accorgi che esiste davvero solo dal fracasso che fanno le stoviglie ammucchiate in fretta, dentro al lavatoio unto; e Yoko, che affitta camere da disperati, e “urla ho molti arretrati” ma quando si accorge che ha sbagliato “dice ammiccando you good boy”. E infine c’à Ada, ventun anni e una sorellina di otto, con il suo “limpido viso da fata di dio”,“meravigliosa e gentile e bianca”, sicuramente santa.
Tutti essenziali e soli, santi o scarafaggi, che barcollano dignitosi, svogliati e anestetizzati dentro le loro vite, formiche indaffarate e stanche, a sognare dietro al ronzìo della lavastoviglie un negozio di computer da aprire in Polonia, o a pensare “a quanto à crudele l’amore, quando il fato decide che à dispari”.
Giovanni Fantasia con il suo sguardo, che non vuole nascondere niente, n´ trattenersi su alcun particolare, li segue tutti, ognuno dentro la propria giornata. Perch´, “incompiuta o perfetta, esiste, e si snocciola in sogno e produce comunque rumore”. Un racconto senza storia, fesso e malinconico, ansimante, assurdo. Che taglia brutalmente, come una visione di Pedro Costa, con le sue istantanee di marmorea bellezza.
Giovanni Fantasia
GIOVANNI FANTASIA nasce a “Sassuolo provincia di Modena nel 1980”. Pubblica “quel che gli riesce”: un racconto ed un “pezzo poetico” in “Coop for Words 2004” (“Il cielo in uno schermo” – Fernandel); un “Centoparole” Feltrinelli, che concesse alla «Gazzetta di Modena» di sbizzarrirsi in tredicesima pagina “Giovanni Fantasia, di cognome e di fatto”; poi, nel settembre 2007, un intero libretto di pezzi poetici, “Introduzione alle città”; un “appunto ipovisivo” in “Coop for Words 2008” (“Pascoli à precario” – Bohumil); infine, per Schiaffo, “Caffà Hadid”, e siamo all’ottobre del 2008. Nell’aprile del 2009 à la volta di una “breve prosa versica” per “UniversiDiversi”, nell’ambito del Capri Art Film Festival.
Con “Santi negri e scarafaggi” arriva al suo secondo romanzo, direttamente senza passare dal primo.
Paola Gemelli –
In libreria il primo antiromanzo di Giovanni Fantasia: intervista all’autore
di Paola Gemelli
28.2.2010 È in libreria da qualche mese Santi, negri e scarafaggi (Quarup Editrice), primo romanzo – anzi antiromanzo – di Giovanni Fantasia. Giovane talento sassolese, Fantasia pubblica già da qualche anno: nel suo curriculum figurano infatti svariati racconti e pezzi poetici. Più volte premiato al Coop For Words e al Premio letterario Città di Sassuolo, recentemente si è inoltre segnalato al Concorso Internazionale Capoliveri Haiku e al Premio della Critica al Concorso Pontemagico. Tra una presentazione e l’altra, lo abbiamo incontrato e intervistato per i nostri lettori.
Un antiromanzo, un racconto senza storia… perché? Forse perché oggi, come dice qualcuno, sembriamo vivere solo di istantanee, senza tempo, incapaci di guardare al futuro, di avere prospettiva?
Santi, negri e scarafaggi è costruito su frammenti irrazionali, se rapportati all’idea di una trama, di uno sviluppo di storie; si snoda più che altro su una trama sottilissima o un incrocio di più trame. I personaggi, anzi i sottopersonaggi, si muovono appena in ambienti comuni; comuni ma durevolmente assediati dal buio, dalla penombra o da piccole luci sbavate. Spesso non c’è molto da narrare: si tratta di raccogliere una serie di istantanee, appunto (così ho definito, fin dall’inizio, i capitoletti del libro) e di fissarle in un lungo momento di stasi. Sono immagini già vecchie, perché il tempo che viviamo ci costringe a suddividere, a creare partizioni microscopiche di senso e di emozioni. L’epoca del libro è quella attuale o poco meno. Tuttavia siamo al di fuori di ogni rete; siamo al di fuori degli avvenimenti e dell’informazione; quindi – comunque – al di fuori del tempo. Qui non c’è comunità né aggregazione; c’è per ognuno una specie di cattività della mente. Volevo di fatto creare una sacca di grigio perenne, una scenografia sanguinante di attori inattivi. Come figurine di una giostra in disarmante rotazione, sotto lente e gravi luci da autopsia.
Più che un antiromanzo quindi, un romanzo di decostruzione.
Lo stile invece è accuratissimo, “poetico”… e non è quello che ci si aspetterebbe: serve a reggere una storia senza storia? Abbellisce la realtà? Funziona di contrasto?
Esiste, in effetti, uno scarto abissale fra stile e struttura del libro, fra parte acustica e narrativa. I sottopersonaggi – per contrasto alla goffaggine e all’inerzia delle loro poche azioni – hanno per caso un regista pietoso, che in maniera artificiale li nobilita e li salva. Sul testo – cito a memoria un appunto dalla recensione marxista di Mirko Corsini – si scivola; (…) è impenetrabile. Le scene, le pose fotografiche che avevo immaginato, non volevo in nessun modo diluirle; da qui la densità di questo libro.
Lo stile del libro pare risentire di due tue passioni: quella per la poesia e quella per la fotografia, le illustrazioni… sei d’accordo?
Infatti ho lavorato su una base molto scura; quasi come Caravaggio, esagerando.
Ho steso una mestica nera sul fondo del libro, e poi ho fatto emergere dal nero alcuni volti, alcuni gesti. Invece in altre scene ho lavorato su contrasto e nitidezza, proprio come in un ritratto digitale, esasperando contorni e colori.
Della poesia ho assorbito allitterazioni ed esperimenti di ritmo.
Il risultato è uno stile che definirei – esagerando di nuovo – be-bop barocco.
Protagonisti uomini e scarafaggi: a cosa si deve questa scelta, è come paragonarne le esistenze? Mi fa pensare a Kafka…
Probabilmente si tratta di fasi, fasi umane-non-umane che coesistono.
Sono condizioni irrevocabili, per chi non è capace di invertire il proprio passo. È divertente, ad esempio, pensare che lo scarafaggio, la blatta comune, orientalis, nasce non nera ma bianca. Parallelamente non si nasce santi o negri (con gi-erre, ch’è rafforzativo – dice Redo, Redentore Valerio, il più importante fra i sottopersonaggi).
Per essere santi, santi moderni, bisogna inguaiarsi di stomaco tre volte all’anno o sembrare tedeschi o succhiare e baciare miriadi di sigarette o spinelli.
Per essere negri bisogna tacere e lavare cataste di piatti, come se la negritudine, la consapevolezza negra, non fosse mai scoccata.
Santi, negri e scarafaggi è – strutturalmente – come certi racconti minori di Kafka: non c’è inizio e non c’è fine.
Anche Giovanni Fantasia è un uomo senza futuro? Progetti?
Un altro romanzo (o un racconto molto lungo) che ho da poco cominciato; sempre poesia (la recente Targa ALUT al Concorso Internazionale Castello di Duino mi ha sorpreso e lusingato); fiabe (in collaborazione con Martina Merlini, che ha disegnato anche la copertina di Santi, negri e scarafaggi); fotografare un po’ meglio di adesso; uscire degnamente, senza acciacchi, dalla schiera dei ventenni.
Ringraziamo Fantasia e ricordiamo ai lettori che consultando il blog dedicato è possibile seguire le date di presentazioni e letture, scoprire retroscena sulla nascita di Santi, negri e scarafaggi e commentare o recensire il libro.
Marta Bergese –
Intervista a Giovanni Fantasia
di Marta Bergese, recensionilibri.org, 4 gennaio 2010
Santi negri e scarafaggi è un romanzo, anzi un anti-romanzo, che vi terrà con il naso incollato fino all’ultima delle sue pagine. Giovanni Fantasia, con uno stile impeccabile ed una prosa che sa di poesia, ci invita a guardare nello schermo della sua telecamera virtuale le immagini di alcuni immigrati italiani (e non solo) che nella loro nuova città del North Yorkshire conducono una vita che è una non-vita, in un corpo che non è un corpo, in uno spazio qualunque dove il tempo non è di nessuno. Ognuno di essi è santo a modo suo, ognuno di essi contiene in sé un universo troppo complicato per essere compreso appieno anche da chi lo possiede. D’altronde “è difficile avere a che fare con l’uomo. A volte è Giuda, a volte è Cristo. È bestia e santo.” E’ una giostra di sentimenti confusi e contrastanti con la quale spesso è difficile convivere. E a peggiorare le cose, a volte, ci si mette di mezzo anche il fato.
Nonostante tutto, però, in questa storia il pietismo riesce a non prendere il sopravvento su tutto il resto: è la pura e semplice realtà, pur nella sua crudezza, che Fantasia ci sbatte in faccia come in un quadro di Caravaggio, senza nasconderci nulla. Ed è anche questo che rende Santi negri e scarafaggi un libro assolutamente da non perdere.
Lei ha scritto sia pezzi di poesia che di prosa, quale delle due forme d’espressione preferisce? Con quale riesce ad esprimere meglio se stesso?
Introduzione alle Città – il mio primo, breve libro di poesia – è condensato, sonoro, crudele nel taglio dei versi. Santi, negri e scarafaggi è narrativa, d’accordo, ma ha un taglio poetico. Quello che mi interessava, nella forma, era creare un testo almeno in parte ibrido, che condensasse in un ritmo poetico un mondo reale, una storia.
Più praticamente, c’erano luci, spazi, cadenze, che difficilmente avrei potuto raccontare in forma base; servivano insomma parole precise, capaci di rendere luci, spazi e cadenze così come io li sentivo. Spero che anche il lettore dei Santi capisca, anzi senta.
Possiamo chiederle di cosa parlava il primo romanzo che ha scritto? E come mai alla fine ha deciso di non farlo pubblicare?
Raccontavo – anche in quel caso in maniera inquinata, ibrida – la mia città.
Sassuolo, con le sue industrie di cocci (come scrivo sarcasticamente in un altro racconto, Guida nera alla città di Suolosas) è radicale, di un grigio spietato in parecchi momenti. Ha la stessa consistenza della pietra, del sasso (lo dice il toponimo, infatti), e del sasso, molto spesso, ha il colore.
Eppure è terra fertile, poetica, narrativa. In quel primo romanzo prudentemente cestinato (perché scrivendo imparavo che cosa non scrivere) si raccontava all’incirca di questo contrasto.
Progetti letterari nel cassetto?
Un libretto narrativo, su cui sto ragionando in questi giorni; certamente altra poesia, sparsa magari, ma poco importa; un blog – Scritti Corsivi – che partirà fra non molto; il testo di un cortometraggio sulla Lettonia; e poi anche fiabe, per bambini e per adulti. Collaboro da un anno con Martina Merlini, in arte p0na, eccellente illustratrice bolognese. Mi piace quest’idea di unire i lembi narrativi: da una lato la parola, il racconto; dall’altro il disegno, il racconto illustrato. Quando i due lembi combaciano si è più incisivi. E, se possibile, più soddisfatti.
Con un cognome come il suo non poteva non essere uno scrittore particolarmente creativo, e il suo romanzo lo conferma… questa sua creatività la concentra solo nella scrittura o usa anche altre forme espressive?
Mi piace illustrare, mi è sempre piaciuto. Piccole cose che faccio per me e per qualcuno che amo: un segnalibro, un quadretto. Ho disegnato io stesso la copertina di Introduzione alle Città. E mi piace fotografare; da profano, al momento, ma tant’è.
Com’ è approdato a questa esperienza di comunicazione attraverso la narrativa?
A sedici anni ho letto George Orwell, Nineteen Eighty-Four. Se ho scritto è perché ho visto cosa si poteva fare con un libro. Citando Moretti, le parole sono importanti.
Le persone che conosce cosa hanno detto quando hanno scoperto dell’uscita del suo libro?
Non sapevo che scrivessi! oppure: Ma è il libro quello vecchio che ho già visto l’altra volta? o ancora: Ma dovrei anche comprarti?
Più seriamente, mi è piaciuto ricevere strette di mano da alcune persone che stimo.
Ora spero che attraverso il book-blog (http://santinegriescarafaggi.blogspot.com) i lettori lascino un loro parere, anche caustico, sul libro.
Un’ultima domanda: scelga tre aggettivi con cui descrivere il suo libro e ci dica perché consiglierebbe di comprarlo.
Santi, negri e scarafaggi è condensato, ossuto, forte.
Se volete diventare dei guardoni raffinati, aprire lentamente finestrelle e poi sbirciare ma con garbo cosa c’è in certi stanzini, comprate Santi, negri e scarafaggi.
L’autore si impegna a sbirciare con voi.
Leggi la recensione nella sua pagina web
Mario Panzieri –
Recensione di “Santi neri e scarafaggi”
di Mario Panzieri, Argo online
“E’ chiaro ormai, si alzerà un’alba grigia e di talco anche oggi, un lume opaco a mezzo cielo e qualche nuvola inesatta e nient’altro” .
Dalla fantastica realtà subumana esplorata dal modenese Giovanni Fantasia, esordiente al suo “primo secondo romanzo”, un viaggio a luci spente nel cemento degli (stra-cazzo di) anni zero. Siamo in Inghilterra, un condominio che inscatola i destini minimi di personaggi votati alla santità per come si accendono quel pezzo di fumo o asciugano i piatti al lavoro, figure scheletriche che solcano come fantasmi la squallida realtà passata all’impietoso setaccio da una videocamera che registra persino gli scarafaggi che rotolano tra le prese d’aria.
Nelle note di copertina (Quadrup Editrice) siamo avvisati, stiamo per entrare in “Un racconto senza storia, fesso, malinconico, ansimante”: ma la realtà qui sviscerata nella sua impietosa amarezza è sublime proprio perché per nulla retorica: è la riscrittura del dolore incosciente che ci avvolge tutti, a volte apri gli occhi e vedi come vivi, cosa arrivi a pensare. (Ma la condizione del dolore – a volte – è solo dettata dalla scarsa consapevolezza dei mezzi di analisi che si hanno a disposizione. E sarà capitato anche a te. Ma poi Scrivere diventa la via di fuga: sei in alto, leggero, lontano da tutto, lo devi fare se vuoi sopravvivere).
Non è una lettura semplice, ma bisogna dare atto alla Fantasia di Giovanni di aver creato con i suoi vortici di parole nero pece un metodo mortificante e avvolgente, che ti trascina in basso, nel buio, proprio in quel silenzio in cui il rumore del cuore che batte improvvisamente ti ricorda che sei ancora vivo e che l’unica via di uscita è… (adesso vorresti una risposta vero? Cercala).
Leggi la recensione nella sua pagina web
Milena Mariano –
di Milena Mariano, Bookcase
MirKo Corsini –
MirKo Corsini, Bacheca dei Santi, ottobre 2009