di Paola Grizi
Il propulsore dell’Hunter si bloccò improvvisamente, quando la distanza dallo schianto era di soli 1500 metri e di 53 secondi. Un tempo minimo che, in questi casi, tende a dilatarsi verso l’infinito. A terra una moglie e una figlia piccola, a cui si sono fatte molte promesse, tra cui quella di non volare più.
Volo in ombra: Il destino di un pilota
A quel punto ho detto che mia moglie mi aveva chiesto di smettere di volare, che lo aveva anche scritto in una lettera e avevo appoggiato la mano sul taschino della camicia, quasi a verificare che la lettera ci fosse ancora. Pretende che non voli più, ho detto, e questa volta farò quello che vuole lei. Le ho detto che quello di oggi sarebbe stato il mio ultimo volo.
Il racconto parte dal quotidiano un po’ solitario di una bambina benestante come tante, Sofia, e della sua mamma architetto, interrotto dalla voce fuori campo di un asettico rapporto militare, frammentario, talvolta martellante, che insiste sui particolari di un incidente aereo in modo ossessivo, e che spinge il lettore a voler comprendere meglio. Si insinua il dubbio che il pilota avrebbe potuto salvarsi, si intuisce che la vita di moglie e figlia avrebbero avuto un diverso corso. L’apparente normalità del quotidiano, infatti, sottende a una devastante mancanza di cui non si parla, e per cui si soffre in silenzio. E’ a questo punto che irrompe la voce del pilota, che racconta la sua versione dell’incidente, quel segnale acustico fortissimo, che lo distrasse dalla necessaria concentrazione che avrebbe potuto salvargli la vita. Di qui parte la ricerca a ritroso della figlia, ormai adulta, che decide di affrontare il dolore fino in fondo, fino a trovarsi faccia a faccia con il dossier del padre e con le foto che rendono vero e tangibile tutto ciò che rimase sospeso per anni e che sconvolse il proprio destino di bambina prima, e di adulta poi.
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